CONDOMINI, IL CALCOLO DEL RISCALDAMENTO CON LE TERMOVALVOLE

conteggio consumi termovalvole

Come funziona la norma per conteggiare le spese del riscaldamento in presenza di termovalvole, cioè quei dispositivi obbligatori appunto per il controllo del calore e per il rilievo dei consumi?
Chi abita in un condominio con riscaldamento centralizzato è obbligato a installare, su ciascun radiatore, le valvole termostatiche o termovalvole e il ripartitore per la regolazione e la contabilizzazione del calore. I due sistemi consentono di gestire la temperatura indoor e di calcolare l’effettivo consumo di calore registrato nei singoli appartamenti e, di conseguenza, di suddividere tra i condòmini i costi (almeno una parte di questi) in modo più equo.


Regolando le valvole termostatiche (ma sempre entro i limiti di temperatura previsti dalla legge di 2 gradi tolleranza in più o in meno rispetto a 20 °C), ogni condomino può quindi decidere autonomamente quando, e con quale intensità, scaldare il proprio appartamento durante il funzionamento della caldaia, in modo tale da risparmiare e avere  un microclima salubre.

Che cosa dice la legge
L’obbligo di installare i sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore è stato introdotto dal Dlgs 102/2014 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 19/7/2014), integrato successivamente dal Dlgs 141/2016, in attuazione della direttiva 2012/27 dell’Unione europea. «L’uso di contatori o contabilizzatori di calore individuali per misurare il consumo individuale di riscaldamento nei condomini alimentati dal teleriscaldamento o dal riscaldamento comune centralizzato – recita la direttiva – comporta benefici se i clienti finali dispongono di un mezzo per controllare il proprio consumo individuale. Pertanto, il loro uso ha un senso solo negli edifici in cui i radiatori sono attrezzati di valvole termostatiche».
Sono previste sanzioni per gli inadempienti, considerato che il termine ultimo per l’adeguamento (diverso da Regione e Regione) è ormai scaduto da quasi due anni.
Il Dlgs 102/2014 prevede che le spese di riscaldamento così rilevate siano ripartite tra i singoli condòmini in base ai criteri contenuti nella norma tecnica Uni 10200, oggetto di recente di una sostanziale revisione che ha limato alcune lacune emerse nei primi mesi di utilizzo. Tale norma introduce il concetto della “quota per potenza termica impiegata”.

I nuovi conteggi con la valvole termostatiche
Con la nuova norma Uni 10200 la ripartizione delle spese di riscaldamento, per l’impianto centralizzato dotato di valvole termostatiche e contabilizzatori, avviene secondo un criterio composito. Il consumo totale viene suddiviso in “volontario” (quello effettivo), che ha costi variabili legati all’uso, e “involontario” (indipendente dal consumo), che ha invece un costo fisso. I primi si calcolano con la lettura dei contabilizzatori; i secondi in base ai millesimi di riscaldamento. Vediamo meglio.
Secondo la norma Uni 10200, la tabella per calcolare i costi individuali deve essere redatta da un tecnico specializzato, individuato dall’assemblea di condominio con la maggioranza semplice. Il professionista determina la spesa totale e l’energia utile prodotta. Quindi procede con il calcolo dell’energia utile totale (cioè il costo dell’energia all’uscita del generatore).
Successivamente, suddivide tale costo in consumi volontari e involontari, ripartendo i primi in base alle letture dei contatori e i secondi, unitamente ai consumi elettrici e alle spese gestionali, in base ai millesimi di riscaldamento (calcolati secondo la norma Uni/Ts 11300-1.
Se il generatore produce anche acqua sanitaria, è opportuno installare due contatori generali.

Prima c’erano solo i millesimi
In passato, prima dell’installazione delle valvole termostatiche e dei ripartitori, per suddividere le spese di riscaldamento i condòmini si rifacevano alle disposizioni contenute nel regolamento contrattuale o – come avveniva nella maggior parte dei casi – applicavano i millesimi di riscaldamento (o di calore).
• Questi millesimi d’uso venivano calcolati con criteri differenti: in base alla superficie radiante, ai metri cubi dell’appartamento o ancora in rapporto al numero dei termosifoni presenti nell’alloggio.
• Questa situazione è stata rivoluzionata dalla norma Uni 10200, elaborata dal Comitato termotecnico italiano, che suddivide i consumi in volontari e involontari.

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I casi in cui se ne può fare a meno
La tabella Uni 10200 è obbligatoria e nessun condominio dotato di riscaldamento centralizzato può essere esentato dall’adottarla. Tuttavia, la legge individua dei casi particolari per i quali se ne può fare a meno. Ciò si verifica quando “siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro superiori al 50 per cento tra le unità immobiliari del condominio (o dell’edificio polifunzionale)”.
In tal caso è possibile suddividere le spese di riscaldamento, attribuendo al consumo volontario almeno il 70% del totale e non più del 30% al consumo involontario.
Ovviamente la tabella Uni 10200 non è obbligatoria negli edifici sprovvisti di un sistema di contabilizzazione del calore, che non si sono potuti adeguare alla legge, per esempio a causa di impossibilità tecnica.
Nel caso in cui, invece, risulti impossibile l’installazione dei sotto-contatori (posizionati a monte dell’impianto di riscaldamento), i singoli condòmini sono comunque obbligati a installare i ripartitori individuali sugli elementi radianti presenti negli appartamenti.

I costi: in parte variabili, in parte fissi
I consumi volontari comportano una spesa variabile in base all’utilizzo del riscaldamento; i consumi involontari, invece, rappresentano la quota fissa delle spese e si riferiscono soprattutto alle fisiologiche dispersioni di energia termica che si verificano all’interno dell’impianto. Ma non solo.
• Se per risalire ai consumi volontari è sufficiente eseguire la lettura dei contatori, quelli involontari vanno ripartiti in base ai millesimi di riscaldamento, che tengono conto del fabbisogno energetico delle unità immobiliari, ossia della quantità di energia che ciascun immobile dovrebbe prelevare affinché mantenga, durante l’intera stagione in cui è attivo il riscaldamento, una temperatura costante pari a 20 °C.
• I millesimi di riscaldamento sono anche utilizzati per ripartire i costi gestionali dell’impianto, mentre per la manutenzione, sia ordinaria che straordinaria, si fa riferimento ai millesimi di proprietà.
• La normativa dispone che, per il calcolo del fabbisogno energetico, il tecnico abilitato debba considerare soltanto le parti comuni dell’edificio, comprese le eventuali modifiche apportate nel corso degli anni, escludendo invece le migliorie relative ai singoli appartamenti, ininfluenti ai fini della redazione della tabella.

Tra professionista e assemblea di condominio
L’adozione della tabella Uni 10200 necessita dell’approvazione dell’assemblea di condominio?
Nonostante esistano pareri contrastanti, visto il carattere imperativo e inderogabile del Dlgs 102/2014, appare logico che l’adozione della tabella avvenga in modo automatico. L’assemblea deve limitarsi a votare l’affidamento dell’incarico al tecnico professionista, il cui compito è valutare eventuali dispersioni di calore che rendono inapplicabile la norma tecnica.
L’assemblea non può neppure decidere di variare le percentuali (70%-30%) da utilizzare in sostituzione della Uni 10200. E quindi, anche se, in teoria, la ripartizione 80%-20% è consentita dalla legge, per renderla effettiva occorre una relazione tecnica che dimostri come quei valori siano corretti.
Soltanto allora l’assemblea può approvare le nuove percentuali di riparto con il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti e almeno 333 millesimi.

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